Un romanzo breve sul
tema del disagio giovanile
Una questione di contatto, un romanzo breve sul tema del disagio giovanile, riscritto in chiave di fiaba moderna. I protagonisti sono Gianna e Gabriele, ragazzi “senza pelle”, vergini sentimentali, ognuno isolato nel proprio mondo.
La violenza terapeutica di Gianna libera Gabriele dall’incantamento di una vita virtuale, spesa di fronte alla sua play-station. Convinto di aver trovato la sua eroina, una specie di Lara Croft in carne ed ossa, la cercherà ovunque, entrando finalmente nel gioco della vita che assomiglia, anch’esso, ad un videogame.
Gianna, studentessa universitaria, residente in un collegio di suore, deve reagire. Non sa esattamente a che cosa e “perché”, ma l’atto di percuotere chiunque urti la sua suscettibilità diventa la rivoluzione in una vita grigia. Armata di mazza e passamontagna, colpisce e si rivitalizza e nell’atto di colpire reintegra una parte di se stessa.
Gabriele è un autistico sentimentale. Il suo mondo è riflesso e proiezione di quello dei pixel della sua adorata playstation, e in quel mondo immaginario lui crede di vivere.
L’incontro con Gianna sarà fulminante. Il colpo di mazza diventa colpo di fulmine. E proprio perché vittima, il “Bell’addormentato” si risveglia alla sua principessa, Lara Croft in gonnella. Cercherà di conquistarla, affrontando l’ardua impresa come un videogame, superando vari livelli difficoltà fino alla vittoria finale.
Una fiaba moderna a tinte acide, rivisitata in chiave noir con il Collegio di suore e i suoi mostri neri imbacuccati a fare da set.
“Aveva picchiato giù duro con la mazza. I due erano scappati urlando. Quella volta aveva pensato che era il caso di comprarsi un passamontagna. Sarebbe stato più professionale.”
Brunella Marcelli — Una questione di contatto — Robin edizioni, 2003 — ISBN: 887371028X
Un giovane, con gli occhi immersi in uno schermo variopinto di colori, quasi fosse ipnotizzato. Si gira verso di me, con lo sguardo vacuo, come fosse disconnesso dalla realtà. Questa l’immagine-detonatore, che ha stimolato la mia fantasia un giorno d’inverno di tanti anni fa quando, entrata in un negozio di DVD e videocassette, ho registrato la presenza di un’assenza. L’immagine ha vorticato nella mia testa, insieme ad altri input dettati dall’osservazione della realtà.
Il ragazzo del negozio si sommava ad altri flash percettivi, quelli che immortalavano i bambini della mia classe intenti a giocare sui loro game-boy o con i cellulari in una dimensione ludica, totalmente autistica. Al centro di tutto c’era il “medium” dell’utensile ultramoderno che interfaccia l’uomo con la virtualità. Un contatto senza corpo. Un contatto rivoluzionario.
Questa realtà di relazioni allacciate attraverso nuovi “mezzi” ha tracciato un segno, portandomi a scrivere con urgenza Una questione di contatto, un romanzo breve sul tema del disagio giovanile, riscritto in chiave di fiaba moderna. I protagonisti sono Gianna e Gabriele, ragazzi “senza pelle”, vergini sentimentali, ognuno isolato nel proprio mondo. La violenza terapeutica di Gianna libera Gabriele dall’incantamento di una vita virtuale, spesa di fronte alla sua play-station. Convinto di aver trovato la sua eroina, una specie di Lara Croft in carne ed ossa, la cercherà ovunque, entrando finalmente nel gioco della vita che assomiglia, anch’esso, ad un videogame.
Quando ho concepito questo libro, con un’estetica volutamente iperrealistica dalle tinte falsate e acide per segnare una distanza dalla realtà, non avrei mai immaginato che la virtualità nel mondo giovanile avrebbe presso il sopravvento con tale forza. I fatti balzati alla cronaca degli ultimi tempi lo dimostrano. Oggi, spesso, il contatto avviene attraverso il “mezzo”. Ci si conosce e si comunica attraverso di esso. Si trasmettono immagini di violenza inaudita, con incoscienza, senza rendersene conto.
In tutto questo il corpo non c’entra più o diventa altro. E per corpo intendo il pulsare del cuore in una comunicazione vera, il faccia a faccia in uno scambio profondo, il gesto che trasmetta calore, la comprensione, la tenerezza. Sfumature che si colgono nella tonalità della voce, espressioni in uno sguardo che ci comprende. Tutta questa verità può far paura. La virtualità è rassicurante, perché allontanandoci da noi stessi, ci protegge.