Parlare di esoterismo genera molta confusione. Molti confondono la via esoterica con la magia e la stregoneria. Niente di più sbagliato. Perché è un percorso che ci aiuta nella quotidianità, nella pratica della vita. Un processo di semplificazione e sottrazione. Anche per far crescere una pianta è necessario togliere le foglie secche, potare i rami. Pertanto, proverò a parlare da praticante e non da erudita, nonostante tale percorso (una volta intrapreso) generi fame di conoscenza e curiosità intellettuale. Di conseguenza, comporta l’accostamento anche a testi teorici che possano completare e approfondire la nostra pratica. La via è impervia e adatta a individui con forte motivazione, ricercatori di verità, che intendano emanciparsi dai forti condizionamenti sociali, culturali e parentali incrostati nel corpo, nelle emozioni, addirittura nel DNA, come dimostrano i recenti studi di epigenetica.
In altre parole, è un percorso di liberazione, dove i processi di consapevolezza dei propri limiti, dei propri blocchi interiori sono fondamentali. E la liberazione non è una passeggiata. Costa fatica. È assai difficile, infatti, sapersi vedere con onestà. Tutti noi abbiamo un’auto-rappresentazione di noi stessi che, talvolta, non corrisponde a verità. Chi siamo noi? Cosa vogliamo? Cosa ci appaga e ci rende felici? Cosa ci appartiene veramente e cosa invece abbiamo ereditato? Dobbiamo quindi essere disponibili a un’opera di disvelamento che può essere scioccante. Crediamo di essere qualcuno o qualcosa e invece scopriamo lati insospettabili di noi. Pensiamo di essere buoni, perfetti, generosi, ma poi dietro il palcoscenico della vita c’è altro. Lati oscuri, ombre, paure, forme di pavidità e mancanza di coraggio. Aspetti che limitano fortemente il nostro modo di essere al mondo, che ci impediscono di essere felici, di provare quella sensazione di pienezza e di connessione con noi stessi e con gli altri.
“Ognuno è il peggior nemico di se stesso”. Quante volte abbiamo sentito questa frase. La realtà è che noi ci auto-sabotiamo. E spesso viviamo anche i momenti di felicità con un sottile senso di colpa, come se non la meritassimo. Oppure aspettando un imminente crollo. Un’imminente catastrofe. In verità, la felicità è il primo diritto di un essere umano. E bisogna lottare per conquistarla e mantenerla. Iniziare a comprendere internamente cosa ci rende sereni e cosa, invece, opacizza il nostro tono vitale. Iniziare a distinguere tra chi esalta e valorizza la nostra energia e chi invece ci vampirizza, ci svaluta.
Tornando alla nostra metafora della natura, possiamo dire che le piante hanno bisogno di acqua e luce. Anche noi, avviciniamoci a chi ci nutre. Essere ricercatori della propria verità interiore significa, quindi, in primis essere sempre pienamente presenti a se stessi; ben radicati a terra e in connessione con le nostre più profonde sensazioni. Ritornare alla radice dell’essere e non sottovalutare l’intelligenza del nostro ventre, del nostro cuore, della nostra pelle. Avere quindi la forza e la capacità di sentire. In un albero la salute delle radici è più importante della lucentezza della fronda.